Contatti magici

Contatti magici

Amava stanare gli scrittori, il giovane Frederic Prokosch, scrittore a sua volta. Li cercava come si cercano i libri e i dolci. O i padri.
«Potrei parlare con la signora Woolf?»
«Temo che la signora Woolf sia occupata».
Ha poco più che vent’anni, l’americano Prokosch, un fascio di fogli sotto il braccio e molta emozione addosso, quando si affaccia sulla soglia della londinese «Hogarth Press» per incontrare la grande scrittrice. «Era seduta dietro una cascata di bozze e teneva una matita dritta sullo scrittoio». Si guardano. Frederic comincia a parlare delle sue poesie (ne ha portate con sé alcune). «Sarò felice di leggerle, dal momento che sono soltanto trentatré…», sorride sarcastica Virginia.

«Oh, signora Woolf,» dissi affannosamente, «non è questa la ragione della mia visita. Sono venuto perché…»
«Voleva guardarmi in faccia, suppongo». All’improvviso il contatto magico era stato stabilito. Il suo viso si delineò meglio, come in una pellicola sotto l’azione dell’acido.
«Esattamente» dissi.

Lo stesso «contatto magico» si accende quando incontra il poeta Auden in un bagno turco. Brecht in un bar di New York. Thomas Wolfe in un ristorante cinese. Eliot sulle rive del lago di Nemi: «Gettai un’occhiata a Eliot. Guardava distrattamente oltre l’albero. Aveva il mento macchiato dal succo delle fragole».

Se questo libro ha un punto di partenza geografico, è a due passi dal luogo in cui Eliot dialogava col ragazzo Frederic. Il viaggio è cominciato esattamente da lì; ed è cominciato con la stessa ansia di scoperta, con la stessa allegria dell’incontro. Lungo un anno, muovendomi da Roma a Parigi, da Torino a Lisbona, ho incontrato diciannove scrittori italiani.
Li ho visti sorprendersi a ricordare qualcosa che credevano di avere dimenticato. Li ho visti condire patate, assopirsi in treno, portare a spasso il cane, cogliere ciliegie. Li ho osservati mentre sbraitavano cercando inutilmente un libro sugli scaffali, o una frase in testa. Ho incrociato qualche loro improvvisa cupezza, o i momenti in cui la voce quasi canta – dalla gioia del racconto, da un’intuizione imprevista.
Il contatto magico si è stabilito quasi sempre. Magari, a volte, quando eravamo sul punto di salutarci. O magari, altre volte, quando avevo già spento il registratore. Ma va così, negli incontri tra esseri umani: c’è da superare reciproche cortine di imbarazzo, pigrizia, diffidenza. E c’è bisogno di tempo, quindi, anche in questi tempi di speed date.
La domanda da cui ogni volta sono partito, ha a che fare con i libri. E con i luoghi. Nasce dalla volontà di capire che cosa lega, che cosa può legare pagine di carta e inchiostro alla geografia fisica e sentimentale. Nella vita di ogni lettore appassionato, ci sono singolari corrispondenze tra libri e paesaggi attorno. Per questo, «la tentazione di accoppiare luoghi e letteratura – ha scritto Giorgio Montefoschi – non ce la scrolliamo di dosso».
Per questo, se andiamo a San Pietroburgo, mettiamo in valigia un romanzo di Dostoevskij; e se passeggiamo per le strade di Parigi, può tornarci sulle labbra un verso di Baudelaire. Sarà che spesso le parole di un poeta si rivelano più utili di quelle stampate sulle guide turistiche. Sarà che i libri ci tengono compagnia (e in viaggio spesso siamo soli); ci aiutano a mettere a fuoco dettagli, a fare scoperte, a ricordare. Ma anche, banalmente, a passare il tempo. Si racconta in proposito di tale Sir Richard Morison che, partito da rive inglesi alla volta della Germania, riuscì a leggere in viaggio tutto Erodoto, cinque tragedie e tre orazioni di Isocrate e altre sette di Demostene, in lingua originale. Ma era il 1550 e, per arrivare, impiegò ventisei settimane.
In queste pagine si racconta di romanzi che mettono addosso il desiderio di partire; di viaggi fatti sulle tracce di scrittori amati; di strani cortocircuiti che si attivano quando un libro sfiora il paesaggio dell’infanzia, o una terra lontanissima in cui ci perdiamo, o ancora, semplicemente, la nostra poltrona in salotto. Per ogni viaggio, quindi, ci sono stazioni di arrivo ma anche di partenza. Che, messe l’una accanto all’altra, disegnano un itinerario tutto italiano: dal mare di Genova a Orbetello, da Piacenza a Castellammare di Stabia, giù fino a Vigàta, che forse non esiste, o forse sì. A spiegare quanto decisivo sia il luogo da cui ci muoviamo, pensa Raffaele La Capria nelle ultime pagine: «Viaggi, conosci paesi nuovi e diversi, per sapere qualcosa che già stava scritto nel punto di partenza. Ma è al ritorno, all’arrivo che lo scopri. Che scopri quanto sia parte di te».
Mi interessava perciò capire come finiscano col dialogare silenziosamente in noi le città di partenza e quelle di arrivo. Come insomma sia possibile che un’infanzia piacentina si annodi a un percorso indiano, o una fuga dal barocchismo napoletano porti dritto a Tokyo. Funziona così, la geografia, quando diventa «emozionale».
Lo spiega bene Giuliana Bruno, nel suo bellissimo Atlante delle emozioni, partendo da una curiosa, secentesca Carte du pays de Tendre – una mappa del paese della tenerezza – disegnata da Madeleine de Scudéry a corredo di un suo romanzo.

Nel suo tracciato, frutto di un viaggio amoroso, il mondo esterno esprime un paesaggio interiore. Le emozioni assumono la forma di una topografia mobile. Attraversare quel territorio significa immergersi nel flusso e riflusso di una psicogeografia personale e tuttavia sociale.

Entra in campo, così, tutto ciò che dei luoghi riusciamo a sentire. Con il corpo, soprattutto (guardando, toccando, lasciando tracce di noi, del nostro passaggio). Una città – ha scritto una volta Claudio Magris – è anzitutto «lo sguardo che la osserva e l’animo che la vive». È per questa ragione che può contare più un alberghetto senza nome in periferia che il monumento sulla piazza centrale. Più la pioggia sui vetri di un ufficio che l’itinerario suggerito dall’agenzia turistica. Più il viavai in un caffè, un odore che ci assale camminando per strada, una musica, la luce di una lampada, un gradino.
Di questi dettagli si nutre la scrittura: li afferra, li trasforma in parole. Viene naturale quindi, parlando di viaggio con gli scrittori, ritrovarsi a parlare del loro mestiere. Che è un misterioso viaggio da fermi, non privo di fatiche e pericoli. Alimentato dai viaggi della propria vita e da quelli letti sui libri o sulla faccia degli altri.

Perché si scrive? La domanda, inevitabile, ritorna sempre, anche se si cerca di evitarla, simile a certe pie signore dedite alla loro catechesi che tutte le domeniche implacabilmente vengono a suonare alla porta.

Così Antonio Tabucchi, convinto che scrivere sia un gioco «di una terribile serietà»:

Perché quando un bambino gioca mette tutto in gioco. Prende una pietruzza e seduto sul gradino di casa, mentre scende la sera, reggendo la pietruzza sul palmo della mano dice che quella pietruzza è il mondo.

Da quella pietruzza-mondo si riparte ogni volta, a ogni pagina. Anche questo è un contatto magico – su cui non si finisce mai di indagare, di fare domande. Ne vengono fuori molte, quando si è davanti a uno scrittore. Succede al ventitreenne Nathan Zuckermann, davanti al vecchio scrittore Lonoff, di averne perfino troppe. Succede in un romanzo di Philip Roth, Lo scrittore fantasma. Nathan se ne sta lì, un po’ trema per imbarazzo, un po’ per entusiasmo.

«Noi lavoriamo nelle tenebre… Facciamo quello che possiamo… Diamo quello che abbiamo. Il dubbio è la nostra passione e la passione è il nostro compito. Il resto è la follia dell’arte». Sentimenti attribuiti a un racconto di Henry James che non conoscevo, intitolato Mezza età. Ma «la follia dell’arte»? La follia di ogni cosa tranne l’arte, avrei pensato io. Era l’arte l’unica cosa equilibrata, no? O c’era qualcosa che mi sfuggiva?

Ma queste domande, Nathan le tiene per sé. O forse le porrà a Lonoff domattina, forse no. Ci pensa su ancora e ancora, osservando gli scaffali pieni di libri. Di là, il camino è rimasto acceso. Fuori, intanto, continua a cadere la neve – «bella e sconcertante come sempre».

 

Prefazione a Ogni viaggio è un romanzo, a cura di Paolo Di Paolo, Laterza, 2007.

 

16 settembre 2015

Si trova in: Viaggi