Ady, otto anni, di San Francisco, dopo avere letto il Diario di Anne Frank, decide che vuole scrivere anche lei. L’esperienza che sta vivendo è molto diversa, ma quando scopre che le lezioni di clarinetto dovrà farle online, si spaventa. «Cara Ela – scrive alla sua amica immaginaria – la contea di Santa Cruz è in quarantena. Ho davvero paura! Lo sapevi che le cose si stanno mettendo molto male?». La pagina del diario di Ady è davanti ai miei occhi, è già pubblica. È un pezzo di questo romanzo.
Rachel, di Londra, racconta che la sua sarebbe stata una primavera difficile «anche senza coronavirus». L’anziana madre operata all’anca, il padre che smarrisce uno dei cani durante una passeggiata. Poi arrivano la quarantena e la distanza obbligata. Incontrandosi su Zoom, la sera, si finisce per piangere dall’inizio alla fine. […]
Scrive Ady e scrive Rachel, scrive William e scrive l’avvocato italiano ottantenne ricoverato in una casa di riposo: «Sai Michelina, la barba me la tagliavano solo quando sapevano che stavate arrivando…». È l’autobiografia della specie umana alla prova del ventunesimo secolo: un volume invisibile fatto di miliardi di pagine, un gigantesco romanzo corale. Forse nessun evento storico, dalla peste del Trecento alle ultime guerre mondiali, può vantare una simile quantità di testimonianze. Degli oltre quattro miliardi di umani che hanno vissuto, quasi in contemporanea, la stessa esperienza, una larga parte non si è limitata a parlare di ciò che stava accadendo. L’ha scritto. Ha potuto scriverlo. Lo sta scrivendo. Siamo allo stesso tempo i lettori, gli autori e i personaggi. […]
Repubblica, 30 maggio 2020